lunedì 8 dicembre 2014

I'm slowly drifting / drifting away / wave after wave


Legge della conservazione della massa:
« Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma »
(Antoine-Laurent de Lavoisier)

Dunque dicevamo. Carlo I se ne stava seduto allo stadio, la sciarpa avvolta fino a coprire il naso. Era una bellissima giornata di sole, di fine novembre. Si stava bene, aveva camminato per Avenida De la Constitucion fino alle 11 circa.
Che poi, cosa volevano dire le undici? Un numero come un altro. Un numero, un'ora, che per il resto del mondo vuol dire uscire da messa, comprare il giornale. Per Siviglia, che sta per l'Andalusia tutta, vuol dire, alzarsi piano piano, riprendersi dal "botillon" della sera prima, stropicciarsi gli occhi ed alzarsi. Vuol dire acconciarsi un pò, un filo di perle, giustò perchè è domenica, e fare colazione nella caffetteria storica della città, "La Campana", nella centralissima Calle Sierpes, dal gusto retrò, antica Confiteria che racchiude in sè tutte le dolcezze di questa città, dai grandi vialoni, con un cielo aperto sopra da cui filtrano raggi solari grassi come pali della luce, che scaldano, in questa domenica di fine novembre.

Confiteria "La Campana"
Carlo I ha tempo, prima di entrare allo stadio. Lui siede in tribuna vip, ed ha un ingresso preferenziale. Decide pertanto di fare un giro all'Alcazar di Siviglia, una volta forte dei mori, divenuto poi palazzo per opera del califfo Yusuf I, che fu il primo a credere in questi luoghi. Per così dire, fu il talent scout dei moderni alcazar, ovvero "palazzo", in arabo. Vuol dire "Io ci metto l'idea". Idea che fu prontamente cavalcata da Pietro I, aka come "il crudele" (era talmente simpatico che la storia racconta che Maria de Padilla pur di non sposarlo si fosse buttata in faccia dell'olio bollente, rimanendo sfigurata, e finì per farsi suora) che prese a prestito non solo la nera idea appunto, ma anche le nere braccia, utilizzando i mori per mixare lo sitle islamico con il know how europeo. Siamo nel 1364. Il palazzo allora diventa simbolo dello stile "Mudejar", che vuol dire fare crescere un fiore dall'aspetto esotico in un giardino con menta e rosmarino.
Fiore, orrendamente reciso come le povere 100 fanciulle andaluse, che venivano pretese come tributo dai mori nei confronti dei regni spagnoli. A questo episodio è ispirato il suggestivo "Patio delle Fanciulle". Mito che però la propaganda usò per sostenere l'azione della Reconquista, trovando un pretesto (uno dei tanti) per sostenere la guerra scatenata dai cattolicissimi del post precedente nei confronti degli usurpatori dalla pelle scura.

Patio de Las Doncellas
La pelle scura, molto simile a quelle dei nativi americani, abitanti del New World, di cui i nostri cattolicissimi furoni i main sponsor. Una delle sale più visitate è quella della Contratacion, da dove venivano regolati gli scambi ed il commercio con il Nuovo Mondo. Scambi e commercio che oggi paiono a senso unico, perchè gli spagnoli si arricchirono di oro, caffè, patate, tabacco, disinibizione e nudità, esportando di contro malattie, polvere da sparo, germi e le preghiere rivolte a Dio.

Fuori dal palazzo un vasto giardino, con l'immancabile labirinto (chiuso al pubblico da quella volta che lo stesso Carlo si era perso, anni prima, rincorrendo le sue amatissime oche), una serie di fontane con meccanismi ingegnosi per far scorrere l'acqua dalla bocca degli angioletti, e le statue alate al centro delle piscine.

Piscina di Mercurio (del Dio alato)
Qui il passato si incontra con il presente. Perchè oggi, l'odierno Alcazar è la residenza ufficiale dei Reali di Spagna, quando vengono in visita ufficiale. Il piano secondo è interdetto ai più, tranne che a Carlo, ovviamente, ma non vuole comportarsi da fighetto, come al solito, e dopo un rapido giro al bagno, dove firma un paio di autografi, esce dal Palazzo, e prima che la sua fede calcistica prenda il sopravvento, si gode ancora un pò di sole, due montaditos, una blanca (birra con limone) nei locali ormai franchising "100 montaditos", e via, verso Piazza di Spagna, coloratissimo semicerchio con un laghetto tutt'intorno, in cui le coppiette ridono, e noleggiano una barchetta per fare il giro, dove le famiglie, in una domenica di fine novembre, fanno il pranzo al sacco, e mangiano, dove i bambini si rincorrono, lanciandosi palline di carta stagnola, in una domenica di fine novembre, dove passato e presente si danno la mano, e tutti sono pronti a sedersi su una delle panchine che contornano il coloratissimo semicerchio, una panchina per ogni  città della Spagna (fatta eccezione per le strane città basche).

la mia città, mai sentita


Carlo si siede sulla panchina, vede gli sbuffi del suo respiro fare piccole nuvolette. Sente la vita scricchiolare, come le ossa al mattino, quella sensazione di allungarsi nel letto, e se siamo qui è perchè qualcosa si è mosso, in tutti questi anni, impercettibilmente per tutti, in milioni di anni per noi, spettatori e frutto di un progetto di evoluzione che ci vede come il risultato finale, come la coppa alzata. Ma l'evoluzione non si è mai fermata, pensa Carlo, troppo avanti per poter rimanere sotto la coltre del tempo, tanto menefreghista da aver introdotto il gotico nel '500 nei palazzi islamici, tanto strafottente da aver coniato l'espressione "sul mio impero non tramonta mai il sole", tanto cerebrale da fare queste riflessioni, ora, in questa calda e fredda giornata di fine novembre.

Nonostante gli uomini ne abbiano paura, pensa Carlo, del cambiamento.  Perchè l'evoluzione implica il cambiamento. Certo, è  più facile pensare di cristallizzare i momenti, perchè ora va tutto bene, e vorrei che il tempo si fermasse, sente spesso dire in giro.
Tutti noi ci evolviamo ogni giorno, ogni istante, nelle decisioni che prendiamo. I viaggi, gli sguardi, i panorami, i libri, ci fanno evolvere. Evolvere non vuol dire conoscere la risposta.

Evolvere vuol dire provare, e farsi le domande, per trovare quella risposta.

Evolvere non vuol dire andare avanti, a colpo sicuro. Evolvere vuol dire cercare di vedere davanti a sè la strada, anche se al posto dei sanpietrini ci sono solo tanti punti interrogativi.

Dedicato a Matteo, che era già famoso, per me, prima ancora che lo conoscessi, in quel di Sharm, nel 2009.
Tutti mi parlavano di questo piccolo grande uomo, dalla voce roca, ma dal carisma che andava al di là. Ecco, lui è uno che va al di là. Al di là delle apparenze, al di là dei luoghi comuni, al di là del pregiudizio.
Tanto mi ha insegnato, e tanto mi ha ascoltata soprattutto. Le risate che abbiamo fatto insieme, le conservo far i miei ricordi più belli, in assoluto (anche se so per certo che io gliene ho fatte fare altrettante).
A persone come lui è dedicato questo blog. Persone che non sono mai sazie, che raggiunto il traguardo pensano alla prossima sfida. Persone che lottano per ritagliarsi un pezzo di cielo. Persone che vedono l'orizzonte, ma che sopratutto ti aiutano a puntare il dito, ed insieme a te lo spingono ogni volta un pò più in là. 
Questa è la sua pagina facebook:


Besos, E.


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