mercoledì 25 settembre 2013

perché i numeri ed il futuro/non ti fanno preoccupare

La mia vita errabonda mi ha portato a Rodi, fra il Mediterraneo e l'Egeo, dove il mare è blu, e lo yogurt è bianco e denso, e le cicale cantano. Un canto così non lo avevo mai sentito prima.

La scorsa settimana sono andata in escursione con gli ospiti all' isola di Symi, il cui porto, secondo la Lonely Planet, costituisce uno dei dieci posti must to see in Grecia. Come tutte le volte, e certo questa non ha fatto eccezione, mi sono camuffata con i miei auricolari, per non sentire le idiozie che altri ospiti, che peraltro non mi pagano lo stipendio, pensano e di conseguenza dicono. 

Gia' dal viaggio in bus per arrivare al porto avrei dovuto capirlo. Un'ora trenta minuti seduta vicino alla mia proiezione da vecchia: capello brizzolato, orecchini, parlantina facile. Solo l'accento, di diversa cadenza, faceva trapelare le sue origini chiaramente non valdostane. 
La signora e la sua combriccola di 12 amici (proprio come gli apostoli) hanno ritardato perché d'altronde ieri abbiamo aspettato noi, chevvuoichesiano10minuti, hanno pensato bene poi di litigare con altri ospiti arrivati a loro volta in ritardo, e subito dopo con l'assistente con la treccia che e' salita per urlare "cameraunoscinquescinquecesiete?" e che per non essere da meno, ha fatto loro il gesto dell' ombrello, per sentirsi a sua volta dire "sei una scostumata". Dopo questo delizioso scambio verbale, la signora -sempre di fianco a me- si e' voluta sincerare che Avitto' fosse andato a scuola, che Francescaammamma avesse portato Avitto' puntuale, e che avesse controllato i compiti di Amarià.

Mi volevo impiccare. Non paga di ciò, ha chiamato la guida per sincerarsi che fosse stata confermata la sua presenza, il buon Panaioti, meglio conosciuto alla clientela italiana come Mariano.
 Il viaggio in nave non si è rivelato meno entusiasmante, in quanto ho dovuto cedere il mio posto alla moglie di un tedesco turista-fai- da-te dotato di marsupio e macchina fotografica, che riteneva il suo sedile, che distava ben dieci centimetri dall'amato consorte, troppo lontano per poterne sopportare l'assenza (chissà perché ma misuro sempre le coppie sui miei genitori, che quando facevamo le gite con lo Sci Club, erano seduti ai lati opposti del pullman, con mio padre al microfono a disturbare tutti quelli che volevano dormire, e quando veniva chiesto a mia madre se si voleva sedere vicino a lui diceva sempre di no, tanto lo vedeva già a casa tutti i giorni).


porto di Symi

Il porto di Symi ci accoglie in un abbraccio di case neoclassiche tutte colorate, e ordinate una di fianco all'altra, che punteggiano la costa come tante gelatine di frutta.

Alle spalle la montagna, che alterna rovine di case bombardate dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale, a piccole cappelle private (una volta ogni famiglia ne possedeva una), ad arbusti di piante grasse, dai fiori rossi e dalle foglie che sembrano racchette da ping pong puntute.

E proprio questo abbraccio, dice la guida, aveva permesso nell'antichità a Symi di diventare il capoluogo del Dodecanneso, grazie al denaro ricavato dal commercio delle sue famose spugne, pescate in acque turche. Esplosa la foga commerciale dell'isola di Rodi, emersa dal mare e regalata ad Apollo che si era momentaneamente distratto mentre Zeus spartiva la Terra tra i suoi figli, a seguito della sconfitta dei Giganti, la piccola isola cugina perse lo scettro di capoluogo, ma conservò come un bambino che tiene in bocca una caramella il suo fascino immutato.
Famosi i suoi gamberetti piccoli e croccanti, da inghiottire in un sol boccone, le creme al burro di oliva, le spugne scure, e la tavolozza di colori che regalano le taverne aperte sul porto, incorniciate da grappoli d'uva che pendono sulla tua testa mentre sorseggi un succo di limone.
Dall'altra parte dell'isola, ecco spuntare l'imponente monastero di San Michele, dalla suggestiva icona di argento intagliata nel legno, che ti osserva distrattamente, ma con la spada sguainata.

Ancora non riesco a capacitarmi di come una nazione sia fatta di isole. Per andare a Symi credevo di dovermi portare il passaporto. Invece Symi è Grecia. Rodi é Grecia. Rodi e Symi sono Dodecanneso. Rodi e Symi sono Grecia. Dodecanneso è Grecia. Rodi è. Rodi sono.

Rodi sono i miei capelli lunghi e sfibrati, dalle punte camomilla ramato. Rodi e' quel lampadario sul muro con le viti a vista, con i motivi floreali ed i pendagli tagliati a goccia, con la scritta 7 kW sulla lampadina, che starebbe malissimo ovunque, ma messo lì dove lo vedo ora in reception sta proprio bene. Rodi sono le mani in tasca mentre aspetto l' espresso, e guardo il mare. Rodi e' il confine esatto della cartina, dove l'Egeo sporca la sabbia stretta di Kamiros. Rodi e' il tramonto a strati che bacia Kiotari, che mi ricorda le bottigliette di sabbia dei beduini, in Egitto. Rodi sono le parole farfugliate in albanese delle donne delle pulizie. Rodi e' Nikos, che mi dice che gli mancherò facendomi il cuore con le dita, perché gli porto sempre il doppio espresso in tazza grande. Rodi e' la mia borsa a forma di libro che tutti mi invidiano, comprata a Soroni dopo che sono passata davanti al negozio quattro volte,per poi trovarlo aperto. Rodi e' la colla sulle dita per attaccare lo swaroski blu sui miei sandali di cuoio appena comprati a Lindos, che mi voglio portare in India.
Rodi e’ Marta, che mi dice chissenefrega dei soldi, le esperienze che hai fatto non valgono tutte le Mastercard del mondo. Rodi e' il pensiero che devo fare gli auguri alla mia mamma per il suo compleanno. Rodi e' il pitagiros trangugiato vicino ai bidoni dell'immondizia sul porto di Mandraki. Rodi e' la luce verde che illumina dal basso la palma della piscina. Rodi e' la macchina parcheggiata alla capicazzo. Rodi è lo scatolone con dentro l'inventario del materiale che non ho voglia di spostare, e che mi graffia la gamba ogni volta che ci passo davanti. Rodi è la montagna dietro Agathi, che assomiglia al pan carré  con le olive. Rodi è il giovedì mattina, quando vorrei dormire ma mi incazzo perché mi devo alzare a fare partire l’escursione, nonostante sia di riposo.
Rodi e' il mordersi la lingua nell'ammettere che tre mesi sono un tempo lungo per aver lasciato spazio, ma breve per realizzare che il tuo mondo è pieno. Rodi e' il guardare indietro, e non capacitarsi di come ci si sia trovati catapultati qui. Rodi e'il capire che non è vero che sei rimasta ferma. Rodi e' il rimettersi in gioco. Rodi è il cucchiaino di cioccolata che stai leccando, per poi accorgerti che ha un retrogusto di olio d’oliva. Rodi è il rossetto rosso che hai messo tutta la stagione, perchè sta bene solo se sei abbronzata. Rodi sono le lacrime che lo sai già che verserai ogni qualvolta partirai. Rodi è il battersi il cinque dei tuoi animatori a fine spettacolo. Rodi è il cestello pieno di Haribo, solo le Colorado mi raccomando, che hai regalato alla reception.

Rodi è il posto in cui sai di non essere il benvenuto, è l'etichetta che hai dimenticato di tagliare e ti gratta, è il vestito bianco che mai avresti pensato di comprare, ma che scopri che alla fine ti sta proprio bene.

Filakia Rodi, e take care.

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